Vendita Diretta
La qualità dei prodotti, l’etichettatura, la certificazione della qualità, maggiore attenzione da parte dei consumatori sempre più desiderosi di avere certezze su ciò che comprano e che mangiano, sono le questioni, oggi, all’ordine del giorno di tutta la società.
Non c’è dubbio che, principalmente, le aziende agricole e agrituristiche sono il luogo dove è possibile soddisfare questi bisogni: cioè la possibilità di comprare e mangiare prodotti tipici, genuini, locali, biologici, molti anche certificati.
Alla luce di quello che è avvenuto, soprattutto negli ultimi anni nel settore dell’alimentazione e della sicurezza alimentare, oggi ci troviamo di fronte:
- da una parte, consumatori più attenti e consapevoli, quindi, consumatori esigenti rispetto alla sicurezza alimentare e alla qualità
- dall’altra agricoltori ai quali si chiede di essere sempre più professionisti e capaci di produrre prodotti di qualità, sicuri, garantiti e di offrire, nelle proprie aziende, sempre più orientate verso la multifunzionalità, prodotti e servizi di qualità.
Negli ultimi anni l’intervento del Legislatore, sia comunitario che nazionale, in materia agricola si è caratterizzato per la crescente attenzione rivolta alla capacità delle imprese agricole di rapportarsi al mercato.
In tale direzione, significative appaiono le sollecitazioni dell’Unione Europea che ha voluto puntare su nuove politiche di sviluppo rurale, finalizzate a favorire la modernizzazione del settore agricolo mediante forme di intervento a sostegno di un modello di impresa agricola sempre più propensa ad instaurare un sistema di relazioni esterne e ad assumere nuove funzioni. Assecondando, Quindi, le sollecitazioni sia degli Agricoltori sia dei cittadini/consumatori, e attribuendo all’agricoltura non soltanto il ruolo di attività economica che produce e fornisce le materie prime all’industria alimentare.
Ed è in questo senso che il legislatore, con il Decreto Legislativo 228 del 18 maggio 2001, ha inteso dare una risposta e dignità al settore primario, fornendo alle imprese agricole una strumentazione normativa in grado di supportare la loro propensione ad assumere il nuovo ruolo di soggetto vocato alle relazioni con l’esterno.
Con tale Decreto si è riscritto lo statuto dell’impresa agricola, con l’evidente scopo di abbandonare una concezione esclusivamente “fondiaria” del rapporto dell’imprenditore con il territorio e di superare una visione dell’attività di produzione agricola finalizzata all’“autoconsumo”.
La nuova formulazione dell’articolo 2135 del codice civile, operata dalla legge di orientamento, si ispira ad un modello di impresa agricola capace di guardare al mercato, puntando alla diversificazione e alla ottimizzazione della produzione di alimenti, e contestualmente di integrare il proprio reddito mediante lo svolgimento di attività di “utilità collettiva”, quali la manutenzione territoriale e la valorizzazione delle peculiarità produttive locali. Nello specifico, l’articolo 1 della legge di orientamento consente all’imprenditore agricolo di esercitare, oltre alle attività di coltivazione o allevamento, anche la manipolazione, la conservazione, la trasformazione, la commercializzazione e la valorizzazione dei prodotti agricoli, a condizione che dette attività riguardino prevalentemente i prodotti derivanti dalla coltivazione del proprio fondo o dall’allevamento dei propri animali.
Inoltre, si consente all’imprenditore agricolo di esercitare attività che prescindono dalla produzione di beni, unico ambito a cui era riferita l’attività agricola dalla legislazione antecedente alla legge di orientamento, potendo ora anche fornire beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’esercizio della propria attività. Come detto, il Legislatore ha qualificato come agricole anche le attività che precedono la commercializzazione dei prodotti agricoli, purché esercitate dal medesimo imprenditore che li produce, con la possibilità riconosciuta a quest’ultimo di “integrare” la propria produzione con prodotti altrui in misura, tuttavia, non prevalente.
In particolare, il riferimento è alla “manipolazione”, “conservazione”, “trasformazione”, “valorizzazione” dei prodotti agricoli.
La manipolazione di un prodotto agricolo si differenzia dalla trasformazione dello stesso, in quanto nel primo caso il bene mantiene le proprie caratteristiche essenziali pur essendo oggetto di modifiche tese a renderlo più appetibile senza mutarne la natura (es. prodotti ortofrutticoli che vengono lavati, tagliati e confezionati per essere venduti).
La trasformazione, al contrario, consiste nella realizzazione di un prodotto alimentare partendo dalla “materia agricola prima” (es. trasformare la frutta in marmellata; il grano in farina ed eventualmente in pasta o biscotti).
La conservazione è l’attività con cui si preserva, in termini di integrità quantitativa o qualitativa ovvero di proprietà organolettiche, un prodotto agricolo, ad esempio attraverso l’impiego di tecniche di surgelamento, congelamento, essiccazione, ecc.
Meno univoca è la definizione che si può dare di attività di valorizzazione, considerato che si può valorizzare un prodotto agricolo sia aumentandone il valore commerciale con additivi (es. ingredienti aromatici nella produzione di formaggi) sia rendendolo più appetibile agli occhi del consumatore attraverso una migliore presentazione (es. utilizzo della cera per esaltare il colore degli agrumi).
Ed è l’Art. 4 del predetto Decreto Legislativo che disciplina la vendita diretta da parte degli Imprenditori Agricoli dei prodotti agricoli e derivati ottenuti attraverso attività di manipolazione e trasformazione.