L’agricoltura periurbana e la voglia di tornare alla campagna
Nell’analisi dell’esperto Pascale l’esodo dai centri urbani e l’importanza di una cittadinanza attiva
28 Maggio 2021
Prosegue a pieno ritmo il progetto “Agricoltura: Laboratorio di Arte, Cultura, Ambiente e Benessere” promosso da “Agricoltura è”, associazione dell’ANPA – LiberiAgricoltori Calabria, che, grazie al cofinanziato del FEARS – PSR Calabria nella misura di sostegno per progetti dimostrativi e azioni di informazione, intrattiene da diversi mesi un dialogo diretto e costruttivo con numerosi imprenditori del settore agricolo calabrese. Nel quinto incontro della seconda parte del progetto, l’attenzione del seminario è stata incentrata sull’agricoltura periurbana, quella localizzata nelle periferie o comunque ai margini degli insediamenti urbani che nel tempo continua ad acquisire una sempre maggiore importanza in termini sia economici che sociali.
Ospite dell’incontro il dott. Alfonso Pascale, formatore di ruralità contemporanea ed economie civili. Ad anticiparlo, gli interventi della presidente di “Agricoltura è”, Rosa Critelli e del presidente dell’ANPA – LiberiAgricoltori Calabria, Giuseppe Mangone, quest’ultimo con un intervento volto ad illustrare genericamente ciò di cui avrebbe poi approfondito meglio l’ospite. «Nel corso di questi ultimi 15 anni si è parlato molto di agricoltura periurbana – ha affermato Mangone – ma l’intento è quello di avere una migliore regolamentazione in queste aree, volendo così definire al meglio, il rapporto tra l’agricoltura ed i cittadini che vivono nelle zone urbane». Il presidente ha quindi spiegato ai convenuti come, parlando di questa tipologia di agricoltura, sia errato ricondurla solamente a quella che si colloca nelle cinture delle grandi aree metropolitane, ma guardare con la stessa attenzione anche a quegli insediamenti ai margini dei piccoli centri urbani. «Non vi è dubio – ha quindi aggiunto Mangone – che tale realtà possa rappresentare un connubio vincente al centro del quale vi sia l’interesse dei cittadini per ogni fattispecie che caratterizza l’ambito agricolo, dalla qualità dell’aria al paesaggio fino alla genuinità dei cibi».
Dalle conclusioni di Mangone ha quindi preso spunto e avviato la sua relazione Alfonso Pascale, partendo proprio da quel fenomeno inverso che, se negli anni 50 vedeva il repentino spopolamento delle campagne per raggiungere le città in cerca di fortuna, ora si assiste all’effetto contrario, un esodo urbano favorito dalla ricerca di qualità maggiori rispetto a quelle rinvenibili nei centri urbani, lontani da ogni qualsivoglia settore agricolo.
Più volte è stato definito e analizzato, dal relatore, il temine di “comunità”. In un’ottica vicina al periodo pandemico, Pascale ha parlato di “immunitas” per questa società, che possa immettere il diritto nelle comunità, come una sorta di vaccino, arrivando a sterilizzare ogni potenziale grande conflitto. Ma, per il relatore, il solo diritto non può bastare, anzi se questa si fonda solamente su diritto e contratti, la comunità è destinata a morire. Importante è dunque che essa si regga su principi di reciprocità in un rapporto di relazione tra economia di mercato e mercato civile.
Nel mutamento degli eventi e delle strategie, rilevante è altresì la trasformazione del settore del consumo, con la creazione di neologismi come “consum-attore”, un consumatore attivo e non quel soggetto passivo già noto, o un produttore che diviene co-produttore. «Ci vuole un coinvolgimento diretto di tutti i residenti – ha quindi sottolineato Pascale – questi devono sentire quel determinato bene come una cosa propria non appartenente ad altri. Solo così – ha aggiunto – potranno sentirsi parte integrante della comunità».
Il relatore ha quindi spostato l’attenzione sui mercati agricoli di vendita. «Queste strutture, queste modalità possono conservare la stessa valenza culturale della vendita diretta in azienda, a patto che il mercato sia organizzato in modo tale da non offuscare il rapporto diretto, personale, fiduciario, tra il singolo produttore ed il cittadino». Più del valore del cibo in se, in queste analisi di Pascale, è proprio la relazione a contare di più. «Solo in questo modo, il mercato muto e anonimo, recupera l’interattività personalizzata tra soggetti che nello scambio economico offrono reciproco aiuto». Il tutto si regge sul principio della reputazione, alimentata dalla fiducia tra produttore agricolo e consumattore. «Deve essere una relazione genuina – ha specificato – riconosciuta da tutti, evitando il rischio della contraffazione con la presenza di soggetti terzi».
Il cittadino diviene così protagonista. Un lavoro difficile e complicato da promuovere in mezzo alla gente puntando a risvegliare le coscienze